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Alcuni principi alla base della riflessione sulle abitazioni collaborative

Una casa differente

CoAbitare intende per casa un luogo integrato nell’ambiente che lo circonda, in cui l’esigenza dell’abitare e della singolarità degli abitanti si esaltano e si compenetrano con l’altrettanto forte necessità di socializzazione e di collaborazione reciproca, per il conseguimento di una qualità di vita alta, organica, naturale, sostenibile.

La casa è, a tutti gli effetti, il luogo dove la coabitazione si svolge.

La riflessione di CoAbitare si è concentrata su alcuni aspetti prevalenti:

  • l’inadeguatezza del modello residenziale spesso proposto nelle città, costituito da aggregazioni poco organiche di unità abitative, in cui è spesso difficile la socializzazione e la condivisione per assenza di spazi di incontro;
  • l’impossibilità di partecipazione nel processo ideativo e progettuale della propria casa, per cui spesso si è portati alla disaffezione a spazi mai sentiti realmente propri;
  • la scarsa identificazione con la propria casa causata dalla mancanza di contenuti estetici di molti dei complessi edilizi e dei quartieri residenziali attualmente disponibili, prevalentemente unificati nella ripetizione di una architettura essenziale.

 

Le case di CoAbitare vogliono essere degli organismi che vivono in tutte le loro parti, in cui spazi collettivi e spazi privati si compenetrano e si pongono in continua relazione, mantenendo comunque chiara la propria connotazione. La presenza di spazi comuni chiusi o all’aperto potrà garantire l’aggregazione degli abitanti e allo stesso tempo fare in modo che le singole abitazioni si svuotino di ambienti normalmente inutili e poco sfruttati: ogni mq che tolgo al mio alloggio privato lo metto negli spazi comuni.

 

Il vicinato

L’Associazione è costituita da persone che fino a poco tempo fa non si conoscevano. Tutti i futuri coabitanti si conoscono tramite l’associazione, imparano a dialogare, portare al gruppo i problemi, ascoltare, accogliere le opinioni e le difficoltà degli altri, prendere decisioni, immaginare insieme la casa, ....

Spesso si utilizza l’aggettivo “elettivo”, ma cosa significa “vicinato elettivo”? Non tutti sono adatti a vivere in cohousing; solo attraverso un percorso di integrazione opportunamente organizzato e condiviso sarà possibile formare gruppi che sceglieranno di coabitare.

Pur dotate di grande entusiasmo e convinte della bontà del progetto, le persone necessitano di un certo tempo per conoscersi e sono perfettamente consapevoli che il “vicinato elettivo” sia una conquista troppo importante per non dedicarsi a questa attività molto seriamente. Quando si parla di vicinato elettivo, non significa che ci sono percorsi di selezione o che un gruppo decida chi deve partecipare al tal progetto e chi no, piuttosto si intende il fatto che ci si conosce prima, si impara a dialogare, a parlare e soprattutto ad ascoltare e prendere decisioni insieme. Non è facile e per questo sono stati definiti alcuni strumenti per favorire l’integrazione:

  • indagine conoscitiva tramite specifico questionario d’ingresso;
  • incontri finalizzati a focalizzare la motivazione all’adesione e a favorire l'aggregazione tra le persone;
  • gruppi di lavoro su tematiche attinenti allo sviluppo del progetto.

 

Una casa economica

CoAbitare intende promuovere presso la Pubblica Amministrazione una attività di ricerca ed individuazione di aree libere o di manufatti edilizi dismessi, nelle quali sviluppare, con opportune convenzioni o altri strumenti di accordo, la realizzazione di nuovi interventi costruttivi o il restauro di edifici esistenti, dove mettere in atto la coabitazione in tutte le sue possibili espressioni.

CoAbitare ha la convinzione che la realizzazione di nuovi luoghi abitativi all’interno delle città, in zone centrali o in quartieri periferici o, ancora, in ex-fabbricati industriali, caserme o altri edifici di proprietà pubblica non utilizzati, o ancora in zone o edifici rurali, in cui avvenga e si sperimenti la coabitazione, possa costituire per la città una grande occasione di arricchimento sociale, di rivalutazione e di rilancio di aree depresse della città. L’associazione si propone di realizzare edifici a basso costo, contando:

  • su accordi di convenzionamento o di altra natura per l’ottenimento dei siti fabbricabili o da ristrutturare dall’Amministrazione Pubblica;
  • sulla progettazione completa e partecipata degli interventi edilizi, avvalendosi dell’attività e delle competenze dei propri soci;
  • su tecniche costruttive che sfruttino anche l’auto costruzione;
  • sull’uso di materiali di riciclaggio, la prefabbricazione, la sperimentazione di tecniche costruttive alternative;
  • lo studio accurato degli spazi privati e comuni per evitare ogni spreco di spazio.

 

Il basso costo non sarà dato dal solo investimento iniziale nella costruzione dell’edificio, ma anche dai ridotti costi di gestione dati dalla sostenibilità ambientale ed energetica portata dalle scelte tecnologiche, impiantistiche e di gestione.

Il processo progettuale comprenderà una attenta analisi del sito, delle condizioni ambientali di esposizione, ombreggiamento, ventilazione, della presenza di agenti inquinanti, la necessità di bonifiche o di particolari soluzioni per la protezione acustica e termica.

 

Una progettazione partecipata

L’architettura sarà, per quanto possibile, libera. Il processo progettuale sarà concepito come l’espressione delle esigenze della comunità dei coabitanti e si muoverà sulle linee guida che il gruppo costituitosi avrà delineato in accordo con i progettisti dell’associazione.

CoAbitare vorrebbe proporre degli episodi architettonici, fortemente rappresentativi dei propri abitanti. (è importante che l’abitante, tornando a casa, possa identificare le finestre della propria casa da lontano…)

L’esperienza progettuale dovrà quindi necessariamente coinvolgere e responsabilizzare tutti gli attori del processo. Possiamo serenamente ammettere che non esisterà un modello, ma un approccio alla progettazione partecipata delle case di coabitazione. Sono i coabitanti che partecipano al processo, innanzitutto facendo un grosso sforzo di immaginazione e un giusto sacrificio di rispetto verso gli altri.

L’abitante non è responsabile solo della propria casa, quindi verso se stesso e la propria famiglia; egli è attore del progetto complessivo e, come tale, è responsabile verso tutto il processo.

Gli spazi saranno studiati in rapporto alle singole esigenze, quindi secondo unità abitative ben definite, in cui sarà garantita la proprietà privata, ma, di contro, in funzione della disponibilità oggettiva e delle imposizioni normative, gli spazi dovranno essere suddivisi nel rispetto della composizione complessiva dell’organismo abitativo, comprendendo gli eventuali spazi all’aperto, i necessari locali comuni, le aree tecnologiche, ecc.

L’idea progettuale guarda con attenzione alle esperienze danesi e inglesi di R. Erskine e a quelle italiane di GC. De Carlo, oltre alle interessanti ed attuali teorie dell’architettura comunitaria di C.Alexander e C.Doglio.

 

Una città solidale

E’ l’insieme di tutti questi fattori che costituisce il plus valore dell’iniziativa, in quanto ogni specifica caratteristica contribuisce a moltiplicare l’efficacia complessiva del modello cohousing a beneficio della qualità della vita dei coabitanti. E se condomini di questo tipo potessero diffondersi in aree diverse della città molte persone potrebbero trarne vantaggio, non solo i “privilegiati” che vi abitano.

Se la famiglia è, come è, il nucleo fondamentale della società, nell’area urbana il condominio costituisce il primo livello di aggregazione delle famiglie. Se il condominio, invece di essere come è comunemente la sede dello scontro, diventasse un luogo di socializzazione e sostegno reciproco, pianificando una RETE DI CONDOMINI IN COHOUSING, sarebbe possibile conseguire nel medio termine migliori livelli di vivibilità complessiva con evidenti vantaggi sociali ed economici per la collettività e si creerebbero le premesse per una CITTA’ SOLIDALE.

 
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